giovedì 25 ottobre 2012

LOUISIANA MON AMOUR




Due anni fa con l'amico Roberto, organizzatore dell'Ameno Blues Festival, come premio per aver raggiunto e guadagnato la pensione (un attimo prima della infausta riforma), sono andato nel Mississippi a vedere dove è nato il blues, il padre di tutta la musica che amo. Da Memphis siamo scesi a sud lungo la Highway 61 fino a Natchez, deliziosa cittadina al confine con la Louisiana dallo stile e dall' architettura francese sebbene ancora nello stato del Mississippi e locata sul fiume omonimo. Poi siamo risaliti verso Oxford, passando dalla tomba di Robert Johnson, ritornando a Memphis. Due anni dopo sempre con l'amico Roberto e con Nicola, fotografo e chitarrista blues, abbiamo proseguito il viaggio addentrandoci in Louisiana, per la precisione nella southern Louisiana a ridosso della mitica Highway 10, la stessa che ha dato il titolo ad uno degli album migliori dello slider Sonny Landreth. Non siamo ripartiti da Natchez perché non esiste aeroporto ma da New Orleans, arrivandoci di notte, dormendo in un motel vicino al Louis Armstrong International Airport e ripartendo by car il mattino seguente   verso la zona delle plantation che lambiscono la Hwy 10 e arrivano fino a Baton Rouge, cittadina industriosa e poco interessante a parte un locale in perfetto stile cajun chiamato Boutini's dove abbiamo finalmente assaggiato i gamberetti in hot sauce, bevuto birra ambrata ghiacciata (la Amida) e goduto del set a due di tale Lee Benoit, uno dei tanti Benoit della regione che con moglie, chitarra e fisarmonica suona cajun music cantata in francese. Il francese è la seconda lingua della regione, anglofilizzata ed impastata di gergo locale tale da diventare un dialetto proprio. La parlano in molti e ci si intende a meraviglia anche perché  i locali sono fieri delle loro origini e ci tengono a considerare questa parte d'America, la Acadia,  diversa dal resto del paese.  Si sentono i lontani discendenti di quella migrazione che dalla Nova Scotia in Canada è arrivata fin sulle coste del Golfo del Messico. Cajun è storpiatura di acadiens e loro sono ben felici di esibire una cultura, una storia, una musica ed una cucina tutta loro. Cucina che si traduce spesso in una fiera del fritto per quanto riguarda gamberi, crawfish, ostriche e granchi e che offre una selezione di salse  di indubbio potenziale atomico per quanto riguarda le tonalità del piccante. Potete comunque salvarvi il fegato sapendo che si può evitare il fritto ricorrendo all'etouffèè e al boiled, sempre che il cuoco si impietosisca della vostra prudenza alimentare. Certo gli americani in materia non sono un esempio da seguire e lo ha capito madame Obama  con la sua rivoluzione dietetica a scuola perché, specie in provincia e nelle classi più povere, l'obesità  raggiunge ormai  il 50% della popolazione e la statistica non riguarda solo la comunità nera. Detto questo,  a Donaldsonville sulla strada per Baton Rouge c'è la Laura Plantation che è la più bella ed importante piantagione di tutta la Louisiana meridionale, creata nel 1805 da Guillaume Duparc e diretta per 84 anni dalla pronipote Laura Locoul, esponente di quella aristocrazia creola che ha lasciato un segno indelebile nella storia della Louisiana. Dodici edifici in legno restaurati, comprese le dimore degli schiavi neri, un giardino enorme, la raffinatezza francese, le piante con le banane e l'eco di Via col Vento. Nella sonnacchiosa Donaldsonville, un paesotto da Ultimo Spettacolo, ho rinvenuto un suggestivo DeVille bar, niente a che vedere con il nostro soulman preferito che anche da quelle parti è passato come un fantasma e quasi nessuno conosce mentre sempre sulle sponde del Mississippi, a St. Francisville, in una mattina radiosa come poche ho respirato quell'aria del sud di cui parlano tante canzoni. E' una delle più vecchie cittadine della Louisiana, vicino ci sono dei battleground della Guerra Civile  e sebbene oggi sia trasformata in una specie, ma più modesta, Mendocino del sud con tanto di cafè in stile europeo, piccoli negozi, librerie ed una pace che a me che vivo a ridosso di un aeroporto ed in mezzo "al progresso" urbanistico lombardo sembra un incanto, possiede quel fascino appartato e discreto dei luoghi in cui si rintanano gli scrittori a vivere e scrivere libri.  Quel po' di magia letteraria che spesso negli Stati Uniti si incontra nelle blue highways,  villaggi e paesi che offrono una qualità del vivere invidiabile. Niente musica però, almeno al mattino quando ci passiamo, tempo per un caffè all'italiana nel bel bar-salotto che ha visto suonare qualche settimana prima Mary Gauthier e via verso est passando da New Roads, mi ricorderò sempre il cocktail di gamberi gustato sulle rive del lago con uno Chardonnay americano insolitamente discreto e a buon mercato . Sole, cielo azzurro, temperature tra i 25 e i 28 gradi con leggere brezze rinfrescanti, sarà così per tutto il viaggio e allora si capisce come nel sud della Louisiana il mese top per festival musicali, gastronomici, letterari e feste di paese sia ottobre, senza il caldo impossibile e l'umidità dell'estate e con la possibilità di rimanere all'aperto anche di sera.
Andando a est sulla 190 si entra nella vera Regione Cajun, una esperienza che non lascia indifferenti perché lì la cultura cajun pulsa autentica e vera, non è un attrazione turistica ma l'espressione di una comunità che tiene in vita la propria tradizione e i propri usi senza rinchiudersi.  La gente è disponibile, cordiale, si fa in quattro per darci una mano, è gentile e dato che di turisti italiani non ne hanno visti molti da quelle parti ci  tratta come fossimo una attrazione speciale rimanendo senza parole quando gli diciamo che siamo andati da loro perché ci interessa la loro musica e le loro tradizioni. Così capita che entrati casualmente nell'ufficio turistico di Ville Platte per chiedere informazioni sul record store di Floyd's, una istituzione dello swamp pop, venissimo immediatamente dirottati poche ore dopo ad una gara di quadriglia nella palestra del Centro Civico locale con tanto di orchestrina cajun, maestra che fa cantare i bambini della scuola, i vecchi che applaudono e si commuovono, tanti sulla sedia a rotelle , la locale stazione radio che registra, il sindaco che fa il discorso e premia alcune "personalità" locali non so per quali motivi visto che uno, tarchiato e con la faccia da italoamericano, viene presentato come " the best gambler in town" e si guadagna una assurda corona in testa come quella che Elvis Costello porta sulla copertina di King Of America. Sembra di essere proiettati di colpo in un film degli anni cinquanta, la nazione più potente al mondo ha squarci che da noi si vedono solo negli archivi dei documentari Luce. Incredibile.  A Ville Platte che è la capitale dello swamp-pop perché è la sede della Maison de Soul,  etichetta specializzata in zydeco e affinità swamp, c'è il negozio di Floyd Soileau il più grande distributore (una volta entrati è una mezza delusione anche se Floyd è un tipo simpatico e sagace, vende anche radio e strumenti musicali in una specie di magazzino che è quello in cui hanno girato la scena di Ray Charles in Blues Brothers) di dischi del sud della Louisiana,  colui che ha fatto incidere per la sua Jin Records il re del genere, Johnnie Allan, uno che al terzo pezzo lo lasciate dove sta e non lo riprendete più almeno che non siate un malato del genere. Da Ville Platte arriviamo a Opelousas, bel nome indiano per quella che è la co-capitale (l'altra è Lawtell)  dello zydeco. Zydeco e musica cajun ai profani possono sembrare la stessa cosa perché spesso i testi sono in dialetto francofono e lo strumento principe è la fisarmonica ma il primo è di origine afroamericana,  c'è sempre l'asse da lavare (washboard o rubboard) e quasi mai il violino, la  seconda è invece bianca, c'è sempre il violino (fiddle) e non sempre l'asse da lavare. Si balla e si beve con entrambi ma è molto più facile trovare da quelle parti musica cajun che zydeco. Non sono stato a Lawtell purtroppo ma  Opelousas è una cittadina anonima, anche un po' degradata dove i neri non hanno saputo valorizzare la propria musica perché a parte un Visitor Center che ripropone una ricostruzione dell'antica Opelousas come era un tempo e dove c'è una Hall of Fame con i nomi dei santi della città  tra i quali i musicisti Clifton e Clevelend Chenier, Rockin' Sydney Simien, il cantante Rod Bernard ed il cuoco Paul Proudhomme,  non ci sono locali e club dove si possa ascoltare del decente zydeco. Solo squallidi casinò e qualche bettola, lo zydeco l'ho visto e sentito ad Ameno con Dwayne Dopsie e a Narcao con Rosie Ledet ma nella capitale del genere, a Opelousas niente da fare, sono andato a letto presto facendo zapping tra una partita di baseball ed una di football americano, sport molto spettacolari ma di cui ignoro alcune regole  per cui alla fine preferisco sempre il calcio. Questo non mi ha impedito di comprarmi una t-shirt di cui vado fiero, con su scritto I Love (a forma di cuore) Zydeco che lascerà perplessi molti miei concittadini.
Finalmente Lafayette. A parte il traffico indescrivibile, al sud non rispettano i limiti di velocità e i truck piombano come dei missili,  arroganti e prepotenti, facendomi venire in mente Duel e impaurendomi con la loro stazza micidiale, ( al sud si può anche  fumare quasi in ogni locale con tanti saluti alla salutista California), Lafayette è una città vivace e urbanisticamente umana con un centro popolato di ristoranti,  bar, negozi e numerosi locali per la musica. Nella zona verso l'aeroporto esiste una bella e ariosa ricostruzione di Vermilionville, la originale Lafayetta fondata dai migranti di origine francese, in cui si mangia bene cucina cajun con pochi dollari e in cui spicca un magnifico auditorium tutto in legno dove il 12 ottobre suonerà John Hiatt con il suo combo. Nell'area del villaggio  ci sono dimore antiche, laboratori artigianali, depositi per le merci, barche per la pesca nei bayou, attrezzi da lavoro,  un laghetto, magnifiche piante autoctone e l'atmosfera tipica dell'Acadia. Il francese qui è di casa, Parigi è più vicina di New York anche se qui la Francia è il Quebec. A Lafayette sentiamo finalmente musica come si deve. Non è difficile trovarla perché è la settimana dei Festivals  Acadiens et Creoles che si tiene dal 12 al 14 ottobre per cui in città ci sono diversi  musicisti che si esibiranno in quell'occasione e i locali pullulano di concerti. In particolare al Blue Moon Saloon è festa tutte le sere, zeppo di gente di tutte le età e provenienze (tanti i canadesi scesi a sud per il festival ma anche sudafricani e messicani), quasi tutti bianchi, che balla e plaude i migliori gruppi cajun che mi sia capitato di vedere in assoluto. La sera del 10 ottobre sono in cartello i Courtbouillon, nome preso da un piatto cajun a base di salsa di pomodoro, cipolle, aglio, peperoni e pesce gatto che si accompagna col riso, ovvero un supergruppo formato da musicisti di tre generazioni cajun, i fisarmonicisti Wayne Toups e Steve Riley ed il violinista Wilson Savoy. Cantano tutti e tre, si alternano negli assoli e con gli strumenti imbracciando anche le chitarre, aiutati dal contrabbasso e da un rullante riversano sugli astanti una musica che alterna walzer e incalzanti two-step creando un flusso continuo di piacere ed energia che col passare del tempo ha l'effetto di una ipnosi tanto da diventare quasi psichedelica. Nelle ballate esce la voce malinconica e triste di un canto di terre lontane e di migrazioni ma quando il ritmo si impenna i presenti si lanciano in danze sfrenate a cui non è possibile resistere. Il locale è molto alla buona, legno, un piccolo palco, un bar ristretto che offre birra e margarita a 5 dollari, un giardino attiguo con delle sedie a dondolo, nessuna porta, impianto elettrico da seconda guerra mondiale, qualche t-shirt in vendita,  ventilatori vetusti di ferro, enormi come ruote, che da noi non solo verrebbero vietati ma il proprietario del locale andrebbe dritto in galera. Eppure tutto funziona, tutti si divertono e la musica è di prima qualità. Il copione non cambia quando la scena è presa da Steve Riley e i suoi Mamou Playboys, forse più tradizionali e meno contaminati dei Courtbouillon ma egualmente travolgenti  e a tratti evocativi quando intonano ballate malinconiche e brumose. Ballate, walzer, two step, violini e fisarmoniche in gran spolvero, ritmo incalzante, grande musica cajun, l'orgoglio di sentirsi acadiens e born on the bayou, camice a quadri e cowboys boots ma anche l'abbigliamento informale dell'americano di provincia e i capelli grigi di chi è oltre la mezza età ma anche se è solo martedì è in pista a ballare e divertirsi . Il copione non cambia la sera seguente quando di scena è Ray Abshire, altro accordionist di razza pura autore con la sua band di una cajun music molto legata alla tradizione ma comunque aperta al tocco innovativo e "progressive" di giovani musicisti tra cui il bravo fiddler Louis Michot dei Lost Bayou Ramblers, special guest nel disco di Dr.John con Scarlett Johanssen.
Una vera manna il Blue Moon Saloon di Convent Street a Lafayette per chi ama le musiche del bayou,nella stessa settimana il cartellone prevedeva concerti  di Cedric Watson et Bijou Creole,  The Bluerunners, Lost Bayou Ramblers , Feufollet, Jimmy Breaux Band, Michael Doucet dei Beausoleil, Pine Leaf Boys ovvero la crema del genere. Altro posto da non perdere, alterna cajun music con songwriters e blues, è il Cafè des Amis di  Breaux Bridge, la capitale cajun della Teche County nonché, dicono loro, capitale mondiale dei gamberi.  Il Cafè des Amis è un posto delizioso gestito da giovani che serve un ottimo gumbo. Il gumbo è il piatto tipico della cucina della Louisiana, più della jambalaya,  e lo servono dappertutto tanto che nella stessa stagione dei festival musicali ovvero ottobre  è tutto un fiorire di sagre dedicate al gumbo. Le più rinomate sono  il Gumbo Cookoff di New Hiberia, il Gumbo Festival di Chackbay, il Bridge City Gumbo Festival e il Louisiana  Seafood Festival di New Orleans, tutti in ottobre e purtroppo spesso sovrapponibili a quelli musicali. Il gumbo è una zuppa con intruglio di spezie louisiane (gumbo base), okra, farina, brodo che prevede la variante col pollo e quella con seafood (gamberi, granchi,ostriche) e fettine di salame piccante come il nostro calabrese. A scelta si aggiunge il riso bollito che nelle migliori versioni viene servito a parte. E' molto gustoso e nutriente, ottimo quello del Cafè des Amis e ancor di più  quello dell'elegante Blue Cafè di Lafayette, ristorante dove sono in mostra i quadri di George Rodrigue, il pittore più alla moda della Louisiana, creatore di un simpatico cagnolino dagli occhi tristi e allucinati che ormai tappezza librerie, gallerie e  locali e viene riproposto sulle tele in mille modi e con gli sfondi più diversi.
Breaux Bridge non è molto distante da Lafayette ed è in direzione di Henderson. Lì si lascia la Hwy 10 e si sconfina nel bacino dell' Atchafalaya, la miglior area di bayou da visitare in Louisiana. Non è difficile trovare Mc Gee's un casolare in legno a ridosso delle paludi che fa anche da bar e ristorante (la specialità è l'alligatore in salsa piccante)  dove organizzano escursioni in barca nelle paludi. Ci andiamo molto volentieri perché ognuno di noi tre ha ancora vive nella mente le immagini dei Guerrieri della Palude Silenziosa e anche noi,almeno per un giorno, vogliamo essere dei perfetti cajun. Sulla barca siamo una decina, tre italiani, tre canadesi, due texani e due louisiani più il simpatico "navigatore" che spiega vita, morte e miracoli della swampland e sa dove trovare ad un certo punto un pigro e sonnolente alligatore da fotografare. Il paesaggio è affascinante, una immensa regione palustre formata dai meandri del Mississippi, con cipressi  (niente a che vedere coi nostri), salici ricoperti di spanish moss, acqua, alghe, liane e una misteriosa foresta che affonda le sue radici nell'acqua. E' il regno silenzioso dei castori, dei mocassini, degli alligatori, degli ibis e degli aironi, che se ne vedono tante. In passato questa regione abitata dagli indiani Chitimacas accolse centinaia di acadiens in fuga dalle persecuzioni inglesi subite in Canada. E' una delle poche aree degli Stati Uniti in cui gli immigrati abbiano vissuto in perfetta armonia con gli indiani. Quella dell'integrazione è un discorso ostico in Louisiana, se a New Orleans neri e bianchi apparentemente sembrano  completamente miscelati, lo stesso non si può dire nelle cittadine della provincia dove i quartieri sono divisi e passando in macchina o passeggiando basta un colpo d'occhio per accorgersi in quale comunità ci si trova anche se bastano pochi blocchi per passare da una realtà all'altra. Manifestazioni di intransigenza non ne ho viste e anche la proverbiale pericolosità nell'addentrasi in certi sobborghi è spesso un luogo comune ma che sia tutto easy questo non è proprio vero, anche nella dolce e rilassata Louisiana acadienne. Alla prossima tappa.

2 commenti:

Bartolo Federico ha detto...

prima o poi lo farò questo viaggio nelle terre del blue.prima o poi...

Nicola ha detto...

Fantastico poter rivivere il viaggio che abbiamo fatto, nelle tue parole!!