martedì 1 febbraio 2011

Gregg Allman > Low Country Blues (Rounder)


Non ci ho creduto fino a che non l’ho ascoltato ma il nuovo disco di Gregg Allman è veramente bello. Nutrivo il dubbio che fosse il solito esercizio di genere di una star sul viale del tramonto ed invece Low Country Blues trasuda passione ed è ispirato come non succedeva a Gregg Allman dal remoto Laid Back ovvero dal 1973. Parlo naturalmente del Gregg Allman solista perché nel frattempo con la band il musicista di Nashville ha continuato a fare meraviglie. Laid Back era un disco permeato di soul e di stupende ballate sudiste, Low Country Blues come suggerisce il titolo è invece un disco di blues, profondo, sentito, suonato senza spettacolarità e magniloquenza ma intenso oltre ogni previsione.
Registrato prima che Gregg Allman si sottoponesse ad un trapianto di fegato a causa di un tumore, Low Country Blues gode di una produzione superba (T-Bone Burnett, secondo Gregg l’unico in grado di ridargli entusiasmo dopo la morte del fidato produttore Tom Dowd) che risalta più con le sottrazioni che con le aggiunte una interpretazione del blues basata sul cuore, su una conoscenza a largo raggio e sulla maestria con cui si riesce a far apparire ancora artigianale una musica che invece nasce in un complesso studio di registrazione.
Niente assoli plateali, nessuna ricercatezza formale, nessun esercizio vocale d’effetto, la voce di Gregg continua ad essere calda e pastosa, negroide anche se non più brillante come un tempo, i suoi interventi strumentali, con la chitarra acustica e con l’Hammond B3, pur misurati al millimetro suonano come una delizia per chi richiede un blues profondo, maturo, caldo, avvolgente, un blues che ha solidità di una quercia e la fluidità di un bourbon. Sia che risponda al beat di Floating Bridge di Sleepy John Estes, sia che riprenda con nuove vesti il classico di Skip James Devil Got My Woman, sia che porti in scena la potente I Can’ Be Satisfied dell’amato Muddy Waters, sia che instauri una sorta di dialogo con il suo passato (Midnight Rider) attraverso i versi e i suoni della nuova Just Another Rider oppure fluttui dal decor gospel di My Love Is Your Love al sound della West side di Chicago, Checking on My Baby di Otis Rush, Low Country Blues regala gioia, bellezza, benessere.
Gregg Allman è superbo, nessuna cosa in Low Country Blues puzza di standard e routine, il modo in cui viene trasformata Rolling Stone, quasi irriconoscibile oppure quanto fascino jazz ci sia in Tears, Tears, Tears di Amos Milburn sono dimostrazioni di un artista ancora innamorato della propria arte nonostante gli anni, i lutti, le esperienze non sempre felici, la salute.
T-Bone Burnett ha creato attorno a Gregg Allman il team di musicisti migliore che si potesse sperare, gente interessata al risultato collettivo e non all’esibizione individuale, gente che ha condiviso umori, feeling, intenti, spirito d’assieme. Dr.John con il piano è divino anche se bisogna andare a cercarlo tra le pieghe, Doyle Bramhall II un chitarrista che meriterebbe un articolo a parte visto anche il suo contributo al recente Clapton, la sezione fiati, presente in alcune tracce, la beatificazione dell’urban blues, Dennis Crouch con il contrabbasso il vero artefice del sound tra antico e moderno di questo meraviglioso low country blues.
Un applauso anche alle suggestive foto di copertina, quelle piante secolari, quei colori crepuscolari e quelle strade inumidite dalla pioggia che valgono più di una recensione nell’esemplificare il mood di questo bellissimo disco.

Mauro Zambellini Gennaio 2011

2 commenti:

Blue Bottazzi ha detto...

Hai scritto esattamente quello che penso di questo disco. E adesso io cosa scrivo?

DiamondDog ha detto...

Grande Greg.
Però bisogna ammettere che a leggere una recensione del genere ti verrebbe voglia di comprare anche l'ultimo di toto cutugno....
:-)