domenica 7 febbraio 2010

John Hiatt e Lyle Lovett al Conservatorio di Milano


Acustica perfetta ma caldo da liquefare corpo e piedi, il Conservatorio di Milano, gremito di appassionati e amanti della musica, ha ospitato il concerto più bello di questo inizio 2010. In scena due giganti della canzone d’autore, John Hiatt e Lyle Lovett, entrambi in solitario, seduti con le loro chitarre acustiche con appresso un tavolino come se fossero al bar. E così è sembrato lo show perché i due si alternavano a cantare e suonare le loro canzoni, senza che l’uno accompagnasse l’altro con la chitarra (un limite), intervallando le esecuzioni con strampalati ed ironici siparietti parlati dove si raccontavano di blues e delle strofe omesse da Bonnie Raitt nella versione di Thing Called Love, di amici che suonano l’armonica allungando la mano fuori dal finestrino con la macchina in corsa e di donne terribili, trovando anche l’occasione per dedicare una canzone (John Hiatt) a Paolo Carù e ringraziando (Lyle Lovett) il Buscadero.
Uno show caldo (in tutti i sensi) nonostante la dimensione in solitario dei due ma splendido nel proporre l’arte della canzone d’autore americana ai suoi massimi livelli.
Suoni cristallini e voci espressive, sebbene diverse l’una dall’altra, più sensuale, bluesy e “negroide” John Hiatt che ha estratto dal cappello perle come Memphis In the Maintime, versione da capogiro, strascicata e spiritata, la romantica Feels Like A Rain, la stoniana Drive South, l’infuocata Thing Called Love, una magistrale Have A Little Faith In Me trasformata in gospel e poi Walk On, il blues di Crossing Muddy Waters, Buffalo River Home, Tennessee Plates Love e pure un brano nuovo (Like A Freight Train) del prossimo album in uscita The Open Road. Hiatt si è confermato artista di caratura eccezionale, una voce che dai primi album, quando sembrava una copia solo un po’ più annerita di quella di Elvis Costello è cresciuta in misura incredibile tanto da essere la voce profonda e sensuale di un soulman che è anche chitarrista coi fiocchi ed un entertainer di gran classe, abile nel scivolare tra blues, rock, soul e folk con una dimestichezza rara.
Più malinconico e trasognato Lyle Lovett, impassibile anche quando pronunciava cose da scompisciarsi addosso dal ridere, alle prese con un country che solo lontanamente ricorda le origini texane ed è invece canzone d’autore di sangue nobile, cantata con l’ inflessione di chi sempre cantare le cose con distacco ma invece è sardonicamente consapevole dei drammi e delle gioie che le sue storie raccontano. E’ stato lui ha soffrire maggiormente della spartana veste solista così abituato a dirigere una Large Band stantuffata swing mentre Hiatt è parso una band anche da solo.
Tra le canzoni presentate da Lovett particolare risalto hanno avuto My Baby Don’t Tolerate, Fiona, She’s No Lady e l’incantevole Step Inside This House, perla scritta da Guy Clark ed usata da Lovett per intitolare un suo doppio CD.
Quasi tre ore show incluso le parti parlate ed un break di venti minuti, alla fine applausi scroscianti ed un bis meritato, da tutti. Splendida serata di musica in una location dove finalmente il suono non è stato penalizzato.

Mauro Zambellini

5 commenti:

valter ha detto...

posti come il conservatorio di milano fanno bene alla musica e al cuore e permettono anche agli utenti "stagionati" di vivere serate con la piacevolezza di una buona compagnia.
grande serata zambo.
ciao, valter

andrea66 ha detto...

grande serata, ma sia lovett sia hiatt sono stati pesantemente penalizzati dall'assenza di una band alle spalle. il rammarico di non poter vedere hiatt in un ambito più rock è stato molto grande, lui è veramente un rocker a 360 gradi; a volte è sembrato adattarsi a fatica alla versione acustica,come se fosse in un vestito di 2 misure più piccolo. ultima annotazione: il conservatorio non era pieno anche perchè a parte il buscadero nessuno ha parlato di questo concerto, ma io comunque mi stupisco che ci sia ancora gente che abbia voglia uscire di casa e farsi anche molti km per vedersi avvenimenti del genere..insomma, per poca che sia, la gente che va a questi concerti mi sembra sempre tanta..

Anonimo ha detto...

Da quello che leggo mi sonoperso una bella serata, e si che i numeri li aveva, ma ho rinunciato per la paura di cadere in uno show un po piatto. Mi spiace aver perso per la seconda volta il passaggio di J.Hiatt dalle nostre parti; la prima volta è stato quando a Varese hanno annullato il concerto in seguito ad un acquazzone, ai Giardini Estensi, non ricordo con precisione l'anno, ma ero un po' più giovane, sicuramente Zambo mi può aiutare.. grazie a tutti voi che scrivete ancora di Musica..

Blue Bottazzi ha detto...

Qui alla periferia non se n'era saputo nulla. Perché non mi mandi una mail prima dei concerti?

Acrostico ha detto...

Vero quel che dice Blue, non se ne sapeva nulla dell'evento.
Come al solito però. Peccato.