lunedì 4 gennaio 2010

Gypsy Soul #2


(...continua)

Moondance
Non è automatica le connessione tra il soul nero e i cantautori bianchi ma è fuori di dubbio l’influenza che la black music esercitò in molti dischi dei primi anni settanta. Van Morrison, che si può tranquillamente considerare il capostipite di questa tendenza, aveva alle spalle un background di musica nera di tutto rispetto visto che negli anni sessanta con i Them aveva saccheggiato un intero repertorio di R&B e di blues (se ne trova rispondenza nell’ottimo doppio cd della Deram del 1997 The Story Of Them Featuring Van Morrison) ma è con Moondance e St.Dominic’s Preview che il suo Caledonia Soul esplode in tutta la sua bellezza. Assemblando in modo originale blues, folk, soul, jazz ed elementi di musica celtica in canzoni lunghe, epiche, dense di un lirismo elusivo e sensuale e modulate da una voce potente e dinamica, Van Morrison crea uno stile unico che gli darà continuità per tutta la carriera.
Le basi di questo stile vengono poste con T.B Sheets, Madame Gorge e Beside You registrati, subito dopo aver lasciato i Them, nei Bang Masters (Sony, 1991) con il produttore e autore soul Bert Berns ma è con l’introspettivo Astral Weeks e con l’estroverso Moondance che viene raggiunto l’apice.
Come i Basement Tapes aiutano a spiegare la transizione di Dylan da Blonde On Blonde a John Wesley Harding, così i Bang Masters aiutano a capire la trasformazione di Van Morrison dal rauco e aspro R&B dei Them alla melodiosa trascendenza di Astral Weeks, Anche se è Moondance (Wb, 1970) a completare l’opera di rifinitura del Caledonia soul con l’introduzione di un ampia sezione fiati e con un approccio decisamente jazz. La prima facciata del disco con la sequenza Stoned Me, Moondance, Crazy Love, Caravan, Into The Mystic è roba da mille e una notte, la personalissima voce di Van Morrison, ora potente e ora gentile, capace di esplosioni improvvise e di momenti di grande rilassamento, regala emozioni impagabili.
Difficile fare meglio, St.Dominic’s Preview (Wb,1972) viaggia sulle stesse coordinate musicali con il folgorante R&B Jackie Wilson Said, omaggio ad uno dei suoi soulman preferiti mentre I Will Be There la si potrebbe ascoltare da un orchestra jazz in un club alle due di notte. St. Dominic’s Preview offre un cuore straziato e Listen To The Lion e Almost Independence Day sono due estesi viaggi nel mistico e in quella spiritualità che What’s Goin’ On aveva così bene predicato.

Due album in grado di fare scuola, di creare uno stile, di influenzare. Ne sanno qualcosa Dirk Hamilton e Bruce Springsteen. Inutile negare che quest’ultimo sia stato stregato dal Van Morrison di Moondance, lo si avverte in The Wild, The Innocent and The E-Street Shuffle (Cbs, 1973) dove gli umori latin e soul-jazz sono quasi prevalenti rispetto al rock e dove le percussioni, l’organo Hammond e il sax giocano un ruolo di primo piano creando quello shuffle da strada, erotico e festoso, che fu l’immagine dello Springsteen di Rosalita, Incident On 57th Street e Kitty’s Back.
Ce ne è conferma anche nel dvd del concerto del 1975 all’Hammersmith Odeon di Londra incluso nella riedizione del trentennale di Born To Run dove, tra le note di The E Street Shuffle e Kitty’s Back, si rintracciano citazioni di Moondance, di Havin’ a Party di Sam Cooke, di Shaft di Isaac Hayes a dimostrazione di un circolo di influenze in cui musica nera e rock bianco si rincorrono e si confondono.

Anche il Dirk Hamilton degli inizi, in particolare quello di Alias I (oggi disponibile in una edizione in digipack della Akarma con due bonus tracks) è della partita. Il rocambolesco R&B di The Eyes of The Night e The Ballad Of Dicky Pferd, le ballate di For Diana, Alias I e Joanna Ree hanno il merito di introdurre un songwriter brillante e dalla scrittura senza freni, che predilige canzoni a ruota libera e melodie dal volto umano con un folk-rock che si tinge di soul, dove a fianco del classico allineamento basso/chitarra/batteria ci sono ottoni, percussioni, tastiere e fisarmoniche.

(2 - continua)

2 commenti:

Paolo Bassotti ha detto...

L'apoteosi del soul di Van Morrison è nel live "It's Too Late To Stop Now," uno dei miei dischi da isola deserta.

Proprio ieri riascoltavo "Greetings..." di Springsteen e pensavo che, per quanto sia in genere considerato il disco dylaniano di Bruce, in realtà sia in esso già molto presente l'influenza di Van, che esploderà definitivamente nell'album successivo.

Paolo Vites ha detto...

lo springsteen fino a born to run è vanmorrisoniano al 100%, altro che dylaniano