venerdì 18 settembre 2009

Little Feat a Londra: una notte al Rainbow


Londra, 3 Agosto 1977.

Afa rifiuti e lattine di birra popolano le vie della colorata Earl's Court, quartiere dove staziono da alcuni giorni prima di fuggire nella verde isola irlandese; nelle vetrine dei negozi, nelle entrate dei pub drappi e fotografie ricordano che, nonostante tutto, la vecchia regina è più mercificata dei Sex Pistols (è l'anno del giubileo...)Fa caldo, Londra in estate è insopportabile, fuori luogo anche gli angoli scuri in cerca di delitto, qualche apparizione dei Kids in Chelsea, i fogli murali annunciano un concerto dei Fairport Convention ad Holland Park per il sabato seguente, e alcune performance live di punks minori. Compro Time Out e nella pagina quattro leggo LITTLE FEAT al RAINBOW THEATRE per 4 sere. Bevo una pinta di Guinness e benedico le mie fortune.
Sono le 19.00, il concerto è annunciato per le 20.30, cerco la più vicina stazione underground, cambio due linee, mi danno delle informazioni sbagliate, faccio 1 Km. a piedi cercando di quietare le ire dei 3 miei compagni di avventura (che di Little Feat non hanno mai sentito parlare).
Alle 20.00 sono davanti al Rainbow, fuori poca gente, come prevedevo i biglietti sono stati tutti venduti in prevendita, falconano i bagarini a 10 sterline a biglietto (prezzo regolare 2,50 sterline). Mi sembrano eccessive e molto più per i miei compagni di avventura che di Little Feat non hanno mai sentito parlare.
Il giorno seguente devo lasciare Londra, l'occasione dei Feat in concerto è unica e non rimandabile, non mi dò per vinto e tento il colpo gobbo. Individuo facilmente tra i check-man quello più vulnerabile, è un esponente del black people, gli propongo 10 sterline per tutti e quattro, lui mi fa cenno di aspettare e al momento opportuno con una losca ed abile manovra ci fa passare. Per il superamento della seconda entrata il gioco è ancor più facile e completamente gratuito.
Dopo la tensione e la paura la giusta ricompensa. Dei Little Feat conosco bene il bootleg Aurora Backseat, il primo loro album e l'ultimo Time Loves a Hero, il teatro è zeppo, il pubblico non è quello della new-wave inglese, niente giacche di pelle, niente spille, tante facce regolari, abbondanza di baffi, barbe, long-hair e altri cimeli della Londra che fu, tanti black-people e la musica poi dimostrerà il perché… insomma un ambiente sano.
Alle 20.30, senza preavviso e nella maniera più informale possibile arrivano i Feats nella loro tipica line-up: Lowell George e Paul Barrere alle chitarre, Bill Payne tastiere e poi l'incredibile sezione ritmica Kenny Gradney basso, Sam Clayton percussioni e Ritchie Hayward batteria.
Iniziano subito, tiratissimi e senza preamboli, tra i primi pezzi ricordo Oh Atlanta, Fat Man in the Bathtub e su tutti A day at the dog races (un giorno alle corse dei cani) contenuto sull'allora ultimo Time Loves a Hero ma purtroppo non incluso sull'attuale live Waiting for Columbus.
Ciò che mi sorprende e mi affascina subito è la vivacità di Paul Barrere, la nera voce di Lowell George e l'uso singolarissimo che Bill Payne fa del sintetizzatore e delle tastiere.
Grande affiatamento, musica compatta e sostenuta che lascia però spazi anche all'improvvisazione individuale, una elettricità che non è mai fine a se stessa ma è la reale nevrosi del rumore e del ritmo della città, di città come Los Angeles, contradditorio punto d'incontro tra il nord e il sud, tra il bianco e il nero, tra il ricco e il povero, tra il bello e il brutto, tra le ville di Beverly Hills e la violenza nella metropolitana, tra l'America degli Hearst e quella dei simbionesi.
Rock urbano, molte influenze bluesy, musica che prende ma mai scontata, in continuo
cambiamento, musica del nostro tempo.

Dopo un'ora di concerto ad altissimo livello entra in scena la sezione di fiati dei Tower of Power, gruppo R&B di Oakland, spiritosamente vestiti con cilindri, smoking di raso rosa o verde smeraldo, e altre clownescherie. Un attimo di incertezza, può essere la fine del suono ascoltato prima e invece il suono dei Feats si carica di quel ritmo e quella energia nera che conferiscono un immagine spettacolare ad un concerto live. I fiati si muovono e ballano in modo incredibile, vanno e vengono sul palco, mimano, ironicamente, le pose dei sax del fu Detroit sound, spiritosizzano la scena, fanno Spanish Moon, Rocket in My Pocket e i neri in sala cominciano a muoversi e a contorcersi.
Il concerto va avanti, spettacolare la versione di Dixie Chicken che già conoscevo sul bootleg, fantastico il fraseggio di Pavne al piano, indovinatissima l'entrata dei fiati nella miglior tradizione dixie e poi il sintetizzatore usato in maniera tutta americana, diretta, senza la pretesa di costruire delle opere ma ricavandoci immediatezza, ritmo e comunicazione; miscelata con Dixie Chicken ecco Tripe Face Boogie con le inaudite violenze chitarristiche e vocali di Lowell George e Paul Barrere.

Alle 22.30, dopo già 2 ore di concerto senza interruzioni, i Feats non fanno molte storie per il bis, alcuni attimi e lo show sembra concluso ma poi Willin e Don't Bogart That Joint e la platea del Rainbow, già incandescente, esplode letteralmente.
In sala c'è Mick Taylor, Paul Barrere lo invita sul palco e si assiste ad una magica interpretazione di Apolitical Blues con Taylor che tira la chitarra come ai tempi di Love in Vain.
Esce di scena Taylor, un po' stranco in verità, e i Feats si congedano con un ultimo lungo pezzo.
Ovazioni, entusiasmo, esco dal Rainbow soddisfattissimo, i miei tre compagni d'avventura (li ho visti muoversi per tutta la seconda parte del concerto) sono sù di giri, ci si caccia nel pub più vicino e si aspetta l'ultima corsa della metropolitana per far ritorno a Earl's Court.

Non solo un fantastico ricordo: a 7 mesi di distanza esce Waiting for Columbus registrazione di quel concerto al Rainbow, il più bel disco rock del '78!

Mauro Zambellini (Il Mucchio Selvaggio n. 8, maggio 1978)

2 commenti:

Wanted ha detto...

Grande storia!

sergio ha detto...

anch'io ho avuto modo di vederli 5 anni fa a Chiari/BS .
a parte Lowell George ( per ovvi motivi,brip ) la band era ancora quella, con una cantante( mi sembra facesse parte del giro di Bob Seeger )all'altezza. grande show , e cd del concerto accaparrato, meglio di così....